Signor Presidente, voglio intanto esprimere apprezzamento per la tempestività, almeno rispetto alla richiesta avanzata ieri, del Governo di riferire oggi in Aula, nonché rivendicare alle Commissioni esteri e difesa di Senato e Camera il fatto di aver impresso una accelerazione in questa fase della vicenda dei nostri fucilieri.
La missione parlamentare che è stata attuata nei giorni scorsi, che ha visto molti di noi protagonisti, non è stata turismo politico, e lo dico anche al collega della Lega, che, peraltro, vi ha partecipato con l’onorevole Pini in maniera utile e costruttiva. Questa missione è servita ad evitare iniziative frammentate da parte di ciascuna forza politica e a dare, quindi, una immagine coesa del Parlamento, dell’Italia e delle sue forze politiche in un momento in cui la coesione non abbonda nemmeno all’interno dei singoli partiti. È servita anche negli incontri che abbiamo avuto con i presidenti Grasso, Boldrini, Letta e Napolitano. Una delegazione unitaria e coesa, che di questi tempi – ripeto – non è usuale, ha dato a tutte le istituzioni maggiore forza per poter svolgere ciascuna la propria parte.
Ieri nelle Commissioni congiunte difesa ed esteri è capitato a me per primo di sollevare il problema delle dichiarazioni che Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, aveva reso – per noi era notte e, quindi, la loro notizia, per ragioni di fuso orario, è apparsa nelle prime ore della mattina su alcuni organi di stampa italiani – mostrando un atteggiamento di sufficienza nei confronti dell’Italia. Ho quindi posto la questione e avanzato la richiesta, non di boicottare il provvedimento sulle missioni militari – scade a metà marzo e c’è tutto il tempo per discuterlo ed approvarlo – ma di posporre il dibattito e di chiedere un confronto sul tema dei fucilieri che poteva essere più utile. Il decreto, in ogni caso, sarà convertito in legge nei tempi previsti.
La discussione servirà a richiamare ulteriore attenzione della comunità internazionale, per cui credo che dobbiamo in primo luogo censurare l’atteggiamento delle Nazioni Unite. Apprezzo il fatto che il ministro Bonino abbia tempestivamente preso i contatti. Mi consenta, ministro Bonino, di farle una osservazione. La ringrazio di essere presente oggi in questa sede. La conosco da molto tempo e nutro rispetto nei suoi confronti. In tutta questa vicenda forse una maggiore incisività, anche personale, del Ministro degli esteri l’avremmo apprezzata. L’abbiamo conosciuta, non sempre condividendo le sue posizioni, come una combattiva esponente del mondo politico su tante cause che ha sostenuto in Italia e all’estero sui doveri e sui diritti. Sono più le cause che non ho condiviso – come lei sa – che quelle che ho condiviso, ma lo stile è sempre stato per me, che sono un militante politico, apprezzabile. Su questa vicenda probabilmente un pizzico di grinta in più e di decisione sarebbero servite.
Qualcuno ha detto di stendere un velo sul passato. Condivido l’iniziativa del presidente Casini che, a vicenda conclusa, si debba indagare sul tipo di regole di ingaggio, sulle vicende che si sono verificate, sul perché la nave ha portato a terra i marò, su come combinare l’intervento militare con attività commerciali che pure vanno tutelate, sulla pirateria e quindi sulle navi che affrontano mari perigliosi. Ne discuteremo a suo tempo. Resta però inquietante l’atteggiamento di alcuni Governi.
Quando durante il Governo Monti i due marò tornarono in Italia, il presidente del Consiglio si fece scattare le fotografie, poi ripartirono. Ministri di quel Governo hanno detto che ragioni commerciali incisero sulle decisioni, che concorse ad assumere anche Passera, che a quanto vedo si accinge a fondare un nuovo partito (a questo proposito, inviterei il «Corriere della Sera» alla prudenza, visto che ha tenuto a battesimo tanti di quei leader politici destinati alla sconfitta in questi anni: consiglierei quindi prudenza sul varo del partito di Passera, che viene annunciato anche oggi su quel giornale). Però Passera, in attesa che fondi partiti, ci spieghi anche, da Ministro inconcludente qual è stato sul versante economico, quanto lui abbia inciso sulla decisione di rimandare i marò in India.
Mi sembra che in queste settimane in Parlamento noi abbiamo detto con fermezza le cose che andavano dette. Vogliamo ora ricordare, ministro Bonino, che abbiamo 7.000 militari, fra uomini e donne, impegnati nelle missioni militari nel mondo. Le missioni sono circa 26. Abbiamo pagato un costo umano ed economico notevole. L’ONU rispetti il sacrificio dei militari italiani che anche per conto dell’ONU è stato affrontato in tante parti del mondo! (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
La correzione di rotta – se c’è stata – del Segretario Generale delle Nazioni Unite (del resto, il ministro Bonino ci ha riferito di questo suo colloquio) è stato un fatto positivo.
Mi rammarico invece, ministro Bonino, del fatto che il presidente del Consiglio Letta – lo ho già detto ieri in Aula, a nome del nostro Gruppo, il senatore Carraro – abbia perso un’occasione a Sochi. È vero che si svolgeva la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, però non capita spesso di trovarsi in contesti a cui partecipano tante autorità internazionali. C’era anche Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite. Il presidente Letta il 7 febbraio per cinque, sei ore ha partecipato a eventi e cerimonie insieme al Segretario Generale delle Nazioni Unite. Avrebbe potuto cogliere l’occasione. Non so, perché non ho verbali o registrazioni, ma non vorrei che gli abbia parlato delle pene che gli crea Matteo Renzi. A noi creano, invece, pena le ingiustizie che patiscono i nostri militari. Anche quella quindi forse è stata un’occasione perduta.
Chiediamo di intensificare l’azione internazionale. Abbiamo apprezzato le posizioni della NATO, la decisione dell’Unione europea che abbiamo sollecitato noi dal Parlamento, ma che hanno sollecitato anche il Ministro degli esteri, il presidente del Consiglio Letta, il vice presidente della Commissione europea Antonio Tajani (voglio ricordare anche il suo impegno presso Barroso). Noi dobbiamo internazionalizzare la vicenda. Non è una vicenda bilaterale. Potremmo alzare i toni. Non stiamo qui a fare “retorica militarista”, ma quei due militari hanno agito sotto l’egida di una missione internazionale. Non possiamo accettare l’applicazione delle norme sul terrorismo da parte dell’India e dobbiamo contestare a tutti i livelli questo atteggiamento!
So anch’io che l’India è un Paese con un miliardo e 200 milioni di abitanti, che è un grande mercato, una grande potenza, ma comportandosi in questo modo l’India non potrà mai meritare il seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU a cui aspira.
Vogliamo dire inoltre con chiarezza che elezioni e vicende politiche condizionano tutti i Paesi. Noi, ad esempio, siamo immersi in congressi permanenti o elezioni ricorrenti.
L’India oggi sta giocando una partita elettorale complessa che si concluderà nella prossima primavera. Noi non possiamo accettare un ricatto di cui paghiamo le conseguenze: la leader del Congresso, essendo italiana, se si sbilancia verso l’Italia viene attaccata, i nuovi emergenti devono essere duri nei confronti dell’Italia. Dobbiamo internazionalizzare la vicenda proprio perché Latorre e Girone non possono essere ostaggio delle faide interne della politica dell’India. Non è accettabile tutto questo.
Rivendichiamo le nostre posizioni, anche se ieri a me personalmente è capitato di essere attaccato con saccenza sulle colonne di «la Repubblica» da Barbara Spinelli che citava articoli secondo cui persino in India, nel Bengala, o non so dove si contestavano le affermazioni del sottoscritto e di altri.
Noi vogliamo avere la stima dei nostri militari, e la disistima di Barbara Spinelli ci conferma che stiamo dalla parte giusta e corretta.
Ministro Bonino, tralasciando le vicende del Governo sulle quali sarebbe facile, in una giornata come questa, irridere e ironizzare (ci saranno altri momenti e altre sedi per farlo), lei è qui per svolgere la sua funzione, in una giornata di particolare precarietà politica, e noi lo apprezziamo. Noi siamo qui per richiamare l’attenzione delle istituzioni e non per fare dei comizi politici.
Vogliamo contestare formalmente le decisioni dell’autorità indiana e incentivare l’azione del nostro Governo volta a internazionalizzare la vicenda e vogliamo contestare coralmente le posizioni espresse dall’ONU nei giorni scorsi e poi corrette dopo i colloqui, augurandoci che dopo le ulteriori affermazioni, gli errori di Ban Ki-moon vengano cancellati da un atteggiamento di sostegno alla nostra determinazione.
Voglio anche dire che noi convertiremo il decreto-legge sulle missioni internazionali, ma quando sarà svolta la discussione di merito diremo qualcosa anche sulle missioni nell’Oceano Indiano. Come ha ricordato il ministro Bonino, due risoluzioni delle Nazioni Unite riguardano questo tipo di missioni. Si tratta di un impegno importante dell’Italia e di altri Paesi. Non è una vicenda bilaterale, ma una vicenda internazionale.
Sottolineo che negli ultimi anni le nostre massime autorità hanno avuto tante occasioni di colloquio. Sembra che la Merkel telefonasse pure in occasione delle crisi di Governo da lei auspicate in Italia; abbiamo appreso che Obama telefonava frequentemente al presidente Monti, di cui seguiva i consigli (difatti, anche il bilancio americano ha vissuto momenti drammatici nel corso dell’estate scorsa, a forza di chiedere consigli al presidente Monti!). È normale, quindi, che i nostri Presidenti del Consiglio e, a maggior ragione, il presidente della Repubblica Napolitano, che ha una autorevolezza internazionale che gli deriva da un percorso importante ed autorevole nelle istituzioni italiane ed europee, facciano sentire la loro voce. D’altra parte, i Capi di Stato e di Governo del mondo condividono l’impegno dell’Italia nelle missioni umanitarie ed hanno apprezzato il nostro sacrificio. Noi partecipiamo a quelle missioni perché riteniamo che convenga a tutti ripristinare democrazia e libertà in Afghanistan, in Libano o altrove. Non c’è dubbio, però, che abbiamo sostenuto una politica internazionale del mondo occidentale, che a questo punto deve schierarsi.
Quindi, quando invitiamo le nostre istituzioni a dialogare ai massimi livelli, credo lo possano fare. È avvenuto per ragioni assai più banali di politica interna e corrente e, dunque, questa vicenda merita un impegno ulteriore.
In conclusione, signor Presidente, ringrazio il Governo per essere intervenuto, sottolineando nel contempo che le Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato stanno agendo con coesione ed incisività. Ieri abbiamo chiesto questo tipo di occasione, affinché si dimostri che la nostra nazione è coesa. Aggiungo che i nostri militari e le loro famiglie hanno molto apprezzato, quando li abbiamo incontrati qualche giorno fa, anche la solidarietà politica e morale; è vero che stanno nell’ambasciata, ma vivono in una condizione di incertezza e sanno di essere vittime di una lotta politica interna indiana intollerabile. È importante, dunque, che sappiano che il Senato della Repubblica ha dedicato uno spazio, non solo per esprimere una solidarietà formale, ma anche per dare ai Governi e alle nostre istituzioni ulteriore forza di fronte alla NATO, all’Unione europea, agli Stati Uniti e alle Nazioni Unite. Quest’ultimo è un apparato inutilmente costoso e probabilmente prigioniero di troppe pulsioni terzomondiste per essere in grado di dirimere controversie internazionali: tutti avremmo voluto un’ONU efficace e risolutiva, ma tante volte la comunità internazionale ha dovuto supplire alle sue carenze!
Ci auguriamo che Ban Ki-moon faccia ammenda dei suoi errori, si scusi con l’Italia, rispetti il ruolo del nostro Paese e della democrazia italiana e ci aiuti a chiudere questa vertenza, che è durata anche troppo.
Intervento al Senato sul caso Marò
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