di Maurizio Gasparri
Per tutto il dopoguerra il patto sostanziale e originario tra Dc e PCI ha tenuto fuori dal gioco la destra e soprattutto qualsiasi ipotesi di centrodestra. Nel 1952 impedirono perfino a Don Sturzo un accordo con missini e monarchici per battere i comunisti alle elezioni per il Campidoglio. La piazza nel luglio 1960 rovesció il governo del Dc Tambroni perché aveva avuto l’appoggio esterno del MSI in parlamento. Molto tempo dopo i tentativi ‘autonomisti’ di Craxi, che aprì una dialettica a sinistra per superare l’egemonia del PCI, furono stroncati nel modo che ricordiamo.
Solo Berlusconi scendendo in campo nel 93/94 ha aggregato e fondato il centrodestra, assecondando e favorendo il processo di modernizzazione già in atto della destra politica, coinvolgendo l’istanza territoriale, e allora addirittura più secessionista che federalista, della Lega, facendone, con il suo aiuto generoso, una forza di governo delle Regioni e a livello nazionale. Rispettando le migliori tradizioni dei filoni laico-liberali, del centro cattolico e dell’autonomismo socialista.
Berlusconi ha portato al governo un vasto blocco sociale troppe volte escluso, rompendo l’egemonia della sinistra, spesso travestita da centrosinistra o da ‘centro che guarda a sinistra’.
Berlusconi ha chiuso un lungo ciclo del dopoguerra, condizionato anche da traumi che con il tempo andavano superati perché non più attuali. E Berlusconi così ha aperto una nuova fase della vita italiana.
Questa operazione storica, andata avanti con stop and go, vittorie e sconfitte, subendo tradimenti, aggressioni giudiziarie, mediatiche e politiche, ma caratterizzata da grandi vittorie e anche da gloriose pagine internazionali (accordi Nato Russia di Pratica di Mare, accordi con Libia e Nord Africa per blocco clandestini e cooperazione allo sviluppo, tre G8 presieduti), ovviamente non può concludersi ammiccando al suo esatto contrario. Ovvero a una ‘Unione di (presunta) salvezza pubblica’ , che con sinistre di sempre e sinistre di oggi (quella nefasta grillina, la peggiore mai vista) chiuda il cerchio, sancendo la esclusione del ‘nostro’ blocco sociale, per rafforzare la Repubblica di ‘Repubblica’, dei Pm, della patrimoniale, dell’oppressione giudiziaria e fiscale, delle droghe legali, di altre cento follie contro famiglie, produttori e imprese.
Oggi i numeri non ci premiano nel centrodestra. E nella casa creata con generosità da Berlusconi qualcuno dovrebbe avere più senso della squadra. Ma non ci possono essere dubbi in termini storici, culturali, politici e morali, su quale sia la parte in cui stare: quella che grazie a Berlusconi ha saputo riconoscersi, unirsi e vincere.
I numeri poi confermano che in Italia c’è una naturale maggioranza di centrodestra.
1994: Berlusconi scende in campo e per la prima volta alle elezioni vince il centrodestra. 1996: alle elezioni partiti di centrodestra prendono più voti della sinistra, che vince con Prodi solo perché la Lega e altri vanno per conto loro. 2001: vince il centrodestra unito. 2006: al Senato il centrodestra unito prende più voti popolari, alla Camera si sospettano brogli, vicenda mai chiarita perché Prodi, come era giusto, cade prematuramente. 2008: vince il centrodestra unito. 2013: dopo congiure di ogni tipo e assalti selvaggi a Berlusconi, la sinistra non ottiene comunque la maggioranza nelle due Camere. 2018: cambia ancora la legge elettorale, ma la coalizione più votata è sempre quella di centrodestra. Questi i fatti e la recente storia politica. Non servono commenti, anatemi, urla da tifosi.
Forza Italia deve ragionare e fare proposte alla luce del sole. I problemi politici si risolvono con proposte politiche. I cori fanno colore e hanno una loro funzione, ma non bastano.
Noi siamo in campo, non sugli spalti. E dobbiamo dare un senso al gioco di squadra, anche se qualcuno si illude di giocare da solo. Per le risse, che comunque portano alla sconfitta, c’è sempre tempo. Ma sarebbero il segno del fallimento
L’Europa ed il mondo non vivono tempi ordinari. Negli USA Trump ha raccolto gli umori di chi non vuole ondate immigratorie da sud e concorrenza sleale dalla Cina. Trump appare a volte brutale e diretto, ma ha difeso l’ interesse della sua terra: “First America”.
In Gran Bretagna la politica di rottura con la UE è stata prevalente, con uno scontro che ha piegato la troppo cauta May per dare spazio al brusco Johnson, con uno scontro con il parlamento che non si vedeva da secoli, dai tempi di Carlo I e di Oliver Cromwell.
In Spagna c’è sempre la possibilità di un ulteriore ricorso alle urne dopo aver già votato due volte in un paio di anni, a causa della frantumazione del sistema politico.
In Francia Macron si illude di gestire tutto con poco più del 20 per cento dei consensi, ma con una protesta che per mesi ha incendiato, in senso letterale, il cuore di Parigi.
In Germania un partito estremista in alcuni Land supera ampiamente il 20 per cento.
Tanti invocano saggezza e moderazione e poi votano chi si agita di più.
Forza Italia per ragioni storiche ed identitarie non può che essere promotrice di un alternativa alle sinistre, ancor di più a questa sinistra estrema, con il PD affiancato dai grillini, la sinistra peggiore, e da Leu, portatrice di logiche vetuste e pericolose.
Ago e filo dunque, per ricucire il centrodestra, dove chi ha più numeri ora deve essere consapevole dei propri doveri e dei limiti politici di un’ azione solitaria, mentre servono sponde internazionali e dialogo nella complessità sociale italiana.
L’azione di impatto, le posizioni drastiche, incontrano in questo tempo non ordinario, forte consenso, ma poi governare è una cosa più complessa. Bisogna saper guardare al percorso della storia, non alle miserie della cronaca. Non basta un uomo solo al comando, è un modello che esalta, ma che non porta ad una vittoria durevole.
Si possono deprecare quanto si vuole la finanza e le regole dell’ economia, ma ignorarle purtroppo è impossibile. Ed avere relazioni interne ed internazionali solide è essenziale per governare e smontare assurde, ma purtroppo esistenti manovre di denigrazione, che subì anche il nostro ultimo governo, frutto di libere elezioni.
Dobbiamo essere in campo per fare cose concrete. Per disboscare tasse e burocrazia, per tutelare la persona, il lavoro, l’ impresa, la sicurezza ed i nostri confini. Dobbiamo con chiarezza dire No a un galleggiamento ambiguo in paludi neocentriste che considerino indifferenti questa o quella collocazione.
Dobbiamo ribadire le ragioni del bipolarismo. Ribadendo che oggi chi ha più numeri ha più doveri e più responsabilità.
È utile l’ energia, ma è essenziale la strategia.
A noi poi serve un partito organizzato e presente capillarmente sul territorio. Ok i social e TV, ma la presenza fisica resta decisiva. Tanta rete si, ma anche tanta umanità. Tanti post , ma anche tante strette di mano.
Se necessario possiamo litigare con tutti, in Italia ed in Europa. Ed a Bruxelles ovviamente per ribadire con orgoglio, nell’ appartenenza, il nostro ruolo, la nostra dignità ed i nostri diritti.
Ma non possiamo litigare con i nostri elettori che, dobbiamo ammetterlo, talvolta non ci hanno compreso e non ci hanno seguito.
Se penso a Monti , al governo di Enrico Letta , e a cose simili, dico, con Mogol, che ” troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza piu stagnante”.
Con le utopie si può precipitare, illudendosi di volare, ma di troppa realpolitik si muore agonizzando.
Bisogna avere sempre un sogno da offrire.
E il nostro sogno si chiama Italia.