“‘Si è sbagliato in personalismi e protagonismi. . . C’è un conformismo in cui hanno trovato spazio carrierismo, opportunismo, affaristi, imbroglioni piccoli e grandi e dove l’antimafia innalzata come una bandiera si è tramutata in una maschera dietro la quale nascondere i propri affari’. Parole vere, che sarebbero da sottoscrivere se non fossero state pronunciate da Ingroia, lo stesso che da magistrato eresse a icona antimafia uno come Ciancimino jr, uno che perseguitava eroi antimafia come Mario Mori e fondava partiti affondati dagli elettori sfruttando la fama dovuta all’attività togata. Le celebrazioni di Paolo Borsellino, oltre che ricordare l’eroe dell’Italia onesta, purtroppo consentono anche a chi non lo merita di ripetere luoghi comuni o di dire il contrario della verità. Noi che abbiamo sostenuto il Borsellino dell’inchiesta mafia-appalti, vergognosamente archiviata pochi giorni dopo il suo massacro, noi che abbiamo denunciato la resa alla mafia nel ’93-’94 di Ciampi, Scalfaro, Mancino con la cancellazione del carcere duro, noi che abbiamo inasprito il 41 bis e attuato le confische dei beni, possiamo parlare. Altri dell’antimafia alla Montante dovrebbero tacere. E ricordando la sobrietà di Borsellino, infrangendo i canoni del politicamente corretto, dico anche che se fanno orrore incapaci alla Crocetta, avrebbero dovuto avere più cautela quanti hanno consentito l’uso di cognomi sacri a tutti per operazioni politiche finite, come era prevedibile, nello squallore. Proprio la sacralità degli eroi come Borsellino o Falcone dovrebbe indurre a mettere fine all’uso dei cognomi illustri in contesti quantomeno da rissa, talvolta di orribile miseria. La vera antimafia si fa con i fatti, non con le strumentalizzazioni. Sia questo il motivo di riflessione di questo 19 luglio, 23 anni dopo”. Lo dichiara il sen. Maurizio Gasparri (FI).
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