La vittoria di Macron è frutto dell’errore gollista di non sostituire l’azzoppato Fillon con un altro candidato. Sbaglierebbe, poi, chi dovesse sottovalutare il richiamo che viene dai voti presi da Le Pen. L’Europa o cambia strada e regole, o non va da nessuna parte. Macron, del resto, non deve essere interpretato come l’espressione di un consenso a un’Europa che vacilla. Diventa presidente dei francesi soltanto per l’ottusità dei gollisti che hanno rinunciato, dopo il fallimento dei socialisti e di Hollande, ad una vittoria a porta vuota. Se avessero ritirato Fillon, comunque compromesso dalla vicenda dei contributi ai familiari, e avessero candidato chiunque altro adesso commenteremmo un chiaro successo del centrodestra. L’errore è stato dei gollisti che adesso devono organizzarsi per le elezioni legislative di giugno. Il centrodestra gollista può ottenere la maggioranza del parlamento e poi decidere se tenere al guinzaglio Macron o se, in un tempo ragionevole, archiviarlo. La vicenda Le Pen poi dimostra che un centrodestra troppo sbilanciato su posizioni estreme non vince nemmeno quando le condizioni generali possono favorirlo. È una riflessione che vale anche per l’Italia. Troppi si proclamano leader, pur sapendo di non poter vincere, ma solo per effimeri protagonismi e per qualche voto in più senza speranza di affermazione. Ci vuole più unità, più calma, più ragionevolezza nella proposta. La chiarezza dei programmi e la determinazione delle posizioni servono. L’estremismo no. In attesa che i gollisti corrano ai ripari per vincere le legislative, per ora prendiamo atto del risultato.
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