Confermo a urne chiuse la tesi in cui credo e che ho più volte espresso. Non esiste un centrodestra de-berlusconizzato. Da Fini a Monti ad Alfano, in molti si sono illusi di lanciare una propria sfida creando partiti e partitini. I numeri sono chiari. L’area di destra conferma, pur nel crescente astensionismo e la diminuzione dei voti, le percentuali già conseguite globalmente lo scorso anno. FI, al centro di un attacco forsennato di ogni tipo al suo leader e al partito intero, ottiene una percentuale importante e di gran lunga superiore rispetto a quella di qualsiasi altra formazione di centrodestra. Si dissolve totalmente Scelta civica e la breve disastrosa parabola montiana in politica. Al Ncd facciamo osservare senza alcuno spirito polemico che se non ci fosse stato l’accordo con l’Udc non avrebbero raggiunto e superato di poco il quorum. Senza scissioni il principale partito del centrodestra avrebbe avuto ancora maggiore forza. Oggi siamo nella situazione in cui siamo e bisogna con realismo prenderne atto. L’unità del centrodestra è sempre stata per me una priorità e un obiettivo storico da raggiungere e da difendere. Negli ultimi anni, ritenendo conclusa la parabola di Berlusconi, molti hanno preso la strada che li ha portati nel nulla o in una sopravvivenza molto stentata. Per taluni si pone adesso il bivio. La sindrome del Psdi, cioè vivere con qualche poltrona concessa da Renzi, o contribuire, però partendo dai numeri che ci sono, alla discussione e al confronto nel centrodestra con realismo, prendendo atto che FI è la locomotiva di questo treno. E prendendo atto che anche alcuni discorsi della Lega sono sensati: contrasto all’immigrazione clandestina, difesa degli interessi dell’Italia nel contesto europeo, ripensamento delle leggi malfatte dal governo tecnico. Per quanto riguarda le riforme non dobbiamo desistere dal nostro impegno. Dobbiamo puntare a una legge elettorale bipolare che metta in difficoltà il polo dell’odio di Grillo che finalmente arretra ma non ancora in via definitiva. Dobbiamo partecipare attivamente alle riforme costituzionali esigendo che ci si confronti immediatamente anche sul presidenzialismo. C’è insomma molto da lavorare se non si vuole regalare l’Italia a un neo regime di una sinistra soft. Prendendo atto che lo stesso Berlusconi ha aperto la discussione sulle leadership future che non possono emergere che da un confronto sul campo.
Roma, 26 maggio 2014