“Essendo stato tra i promotori della legge istitutiva del Giorno del Ricordo ho partecipato volentieri a Roma alla cerimonia per l’intitolazione di un giardino pubblico dedicato alle vittime della Strage di Porzus. Ringrazio il Consigliere comunale di Forza Italia, Francesco Carpano, per essere stato tra i promotori di questa iniziativa e la Presidente del Consiglio comunale di Roma, Svetlana Celli, che è intervenuta in rappresentanza della Istituzione capitolina. Quella di Porzus è una strage dimenticata per troppo tempo. La guerra di liberazione, è stata anche guerra civile, conflitto tra italiani fascisti e italiani partigiani, e anche all’interno della coalizione antifascista ci furono motivi di discordia; non ultimo, il rapporto contrastato con la controparte jugoslava. Come nel fatto di Porzûs, il 7 febbraio 1945. Quel giorno, un gruppo di circa cento gappisti (Gruppi di Azione Patriottica – partigiani di matrice comunista) attacca e uccide alcuni membri della Brigata Osoppo. I restanti vengono uccisi nei giorni successivi. In totale, le vittime furono 20. La strage ebbe luogo presso le malghe di Porzûs, situate nelle vicinanze di Faedis, un paese in provincia di Udine. La causa furono le tensioni esistenti fra comunisti italiani e jugoslavi, riguardanti i territori della Slavia friulana, alle Valli del Natisone. A queste rivendicazioni si aggiungeva un problema contingente: la «repubblica partigiana» che era stata creata istituendo la «zona libera della Carnia» (settembre 1944) era stata smantellata dai tedeschi. Questa dispersione aveva acuito i contrasti tra partigiani di Osoppo (soprattutto cattolici e monarchici) e comunisti. Fino ad allora si era riuscito a riunire in un comando unificato le due parti, e quindi a far tessere loro una collaborazione pacifica e proficua. I guerriglieri jugoslavi pensavano che, unendo a sé delle truppe italiane, avrebbero potuto anche assoggettare le terre cui miravano. In questo modo, terminata la guerra, nelle trattative di pace si sarebbe dovuto tener conto del fatto compiuto, cioè della perdita per l’Italia dei territori della Slavia friulana. Peraltro, le pressioni jugoslave furono esercitate col beneplacito del segretario del PCI, Palmiro Togliatti, disposto a concedere i territori desiderati, a cui si aggiungeva la città di Trieste. In questo caso, l’atto di favorire l’instaurazione di un regime comunista in un paese confinante avrebbe potuto giovare alla causa comune al fronte rosso internazionale. Togliatti, in una lettera sul tema, scisse: ‘Noi consideriamo come un fatto positivo la occupazione della regione giuliana da parte delle truppe del maresciallo Tito. […] Il nostro Partito deve partecipare attivamente, collaborando coi compagni jugoslavi nel modo più stretto, alla organizzazione di un potere popolare in tutte le regioni liberate dalle truppe di Tito e in cui esista una popolazione italiana. […] I comunisti devono prendere posizione contro tutti quegli elementi italiani che si mantengono sul terreno e agiscono a favore dell’imperialismo e nazionalismo italiano e contro tutti coloro che contribuiscono in qualsiasi modo a creare discordia fra i popoli. Questa direttiva vale anche e soprattutto per la città di Trieste […].” Così il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri.
Roma 7 febbraio 2024